Questo tema ha acquisito sempre maggiore spazio ed importanza all’interno dei Tribunali e nella giurisprudenza di legittimità, vista ormai l’abitualità ed il suo continuo incremento che abbiamo consolidato nell’utilizzo di questi strumenti. Il valore legale delle conversazioni carpite da questi strumenti non sfugge al principio di tipicità dei mezzi di prova sancito nel nostro ordinamento, in base al quale possono avere accesso nel processo civile soltanto le prove espressamente previste e disciplinate dalla legge. Queste sono previste nell’art. 2712 c.c. che elenca tra quelle ammissibili le riproduzioni meccaniche, fotografiche, informatiche (CAD) o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti a patto che la persona contro la quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime in tal caso i giudici di legittimità ne permettono ad ogni modo l’acquisizione ma soltanto dopo una specifica procedura di produzione di queste “prove contestate”.
Pertanto su queste basi la Cassazione Civile già nel 2005 aveva riconosciuto pieno valore probatorio, concedendogli quindi lo status di “elementi di prova” ad “sms” ed immagini contenute negli “mms”.
Egualmente la giurisprudenza ha equiparato e pertanto ammesso come “elementi di prova” anche i messaggi scambiati su piattaforme come Whatsapp o simili, anche nell’ipotesi in cui vengano ad essere contestate dalla parte nei confronti della quale tali conversazioni vengono prodotte. Anche queste come prima anticipato per le conversazioni via sms sono acquisibili anche se contestate ma esclusivamente, come deciso da una recente Cassazione Penale del 2017, previa acquisizione del supporto informatico, che sia un dispositivo mobile come smartphone o tablet o fisso come un computer, contenente l’archiviazione della conversazione stessa, è da escludere perciò la validità di foto che riproducono la conversazione stessa o stralci di conversazioni in mancanza del supporto informatico originale inalterato e non manipolato sincerandosi di aver controllato con certezza sia la paternità delle registrazioni sia l’attendibilità di quanto da esse documentato e l’affidabilità della prova medesima mediante l’esame diretto del supporto in maniera tale che i dati possano essere accertati in giudizio. Possono essere anche accettate copia conforme dei messaggi Whatsapp a uso legale ,o qualunque altro sistema di Instant Messaging, ma è necessario avvalersi delle tecniche di acquisizione forense da cellulare, smartphone o tablet, basate sui detti principi di inalterabilità della prova e conformità con l’originale espressi dalla legge 48/2008 a cui si faceva riferimento.
Sempre rimanendo all’ interno dell’alveolo degli usi legalmente rilevanti di tale strumento è possibile anche utilizzarlo per dichiarazioni che abbiano valore di dichiarazione giuridica, visto ormai utilizzato il vasto utilizzo della piattaforma per i più svariati fini che non si limitano più all’ambito relazionale ma anche lavorativo ? Facciamo un esempio concreto come quello del licenziamento effettuato via Whatsapp, questo per essere valido deve avere forma scritta a pena di nullità ma non specifica atta a comunicare la volontà del datore di lavoro o del dipendente di recedere il rapporto di lavoro anche indirettamente, i Tribunali su questo assunto recentemente hanno quindi ritenuto sussistente un licenziamento su Whatsapp dandogli valore di documento informatico, poiché la piattaforma è atta anche a provare che il messaggio sia arrivato a destinazione, la famosa caratteristica della doppia spunta blu, in più potendo anche indicare la data ed ora di consegna prima e lettura poi. Altra questione che sorge pur perdendosi di fronte all’utilizzo abituale che tutti ne fanno ad ogni età è: in quale maniera può essere utilizzato dai minorenni e se questi hanno delle limitazioni? La prima risposta si basa sul recente adeguamento delle condizioni di utilizzo dell’app alla rinnovata disciplina sulla privacy, “GDPR”, nella quale emerge che in conformità dell’art. 8 del sopraindicato regolamento, Whatsapp, ha innalzato da 13 a 16 anni l’età minima consentita per l’utilizzo di questa esclusivamente all’interno dell’Unione Europea, mantenendo, invece nel resto del mondo, il limite di iscrizione ed utilizzo nei confronti degli under 13.
Tuttavia, questo limite come poi abbiamo potuto verificare nella vita pratica non è invalicabile, difatti nelle condizioni di utilizzo stesso dell’app è possibile iscriversi anche se di età inferiore ai sedici anni qualora i genitori o tutore acconsentono alla registrazione o se il minore di anni 16 fosse già iscritto prima dell’introduzione del nuovo regolamento della privacy, poiché all’aggiornamento dell’applicazione permarrebbe registrato e semplicemente gli verrebbe richiesta la conferma della sua età anagrafica senza ulteriori controlli.
Infine nel nostro tour tra le prove derivanti dalle ultime innovazioni tecniche o meglio che possono essere ricavate dai nostri smartphone, non poteva mancare la telefonata quindi l’utilizzabilità di un colloquio telefonico registrato o parimenti di una videochiamata in un processo. La Corte di Cassazione recentemente è tornata ad interessarsi della questione ed ha stabilito che se la registrazione è fatta ad opera di una persona coinvolta nella questione e non è avvolta dal segreto (come possono essere colloqui con il proprio avvocato difensore), la stessa è considerata come prova documentale di un fatto storicamente avvenuto inerente al procedimento per cui la sì vuole produrre come prova e può entrarne legittimamente a far parte di esso, avendo comunque valore di prova documentale tuttavia andrà valutata la sua genuinità ed attendibilità durante il processo. Tuttavia anch’essa va incontro ad alcuni limiti nel suo utilizzo, se la si vuole produrre come fonte di prova, è necessario che la controparte non contesti né la sua esistenza, né che questa sia avvenuta tra soggetti estranei alla questione dedotta in giudizio, la registrazione della telefonata ad ogni modo non potrà mai essere pubblicata né divulgata al di fuori del processo stesso. Poichè nell’ipotesi di diffusione di una telefonata, fuori dallo svolgimento di indagini difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria come sopra esplicato, si commetterebbe il reato di interferenze illecite nella vita privata altrui, ex art 615 bis cp, che recita: “Chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell’articolo 614 (violazione di domicilio), è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni”.
Da questo breve viaggio emerge la versatilità di utilizzo che ormai gli strumenti di comunicazione che utilizziamo tutti i giorni hanno acquisito e la loro piena utilizzabilità ed adattabilità al complesso mondo procedurale dei giudizi innanzi al Tribunale che sia civile o penale e questo ci richiama ancora di più a riflettere sull’utilizzo che ne facciamo, considerato che sono parte integrante dei nostri rapporti quotidiani al pari dei social network.
Avv. Francesco Turchi
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