Oltre la pandemia: investire nell’arte per il futuro

Una lungimirante riflessione del Dott: Alessandro Gatti

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In tempi di crisi sanitaria ed economica come gli odierni, qualcuno potrebbe derubricare ad iniziativa di poca importanza la richiesta di rinnovata attenzione e finanziamento al patrimonio culturale italiano. Figlia di una concezione materialistica della vita e dell’arte, la priorità verrebbe data alla salute corporale ed a reparti economicamente più remunerativi di quello dei beni culturali. Altri ancora, forse meno materialisti ma spinti da altre ideologie, potrebbero considerare il nuovo mondo post-pandemia come occasione per declamare la “fine della storia” e, conseguentemente, l’“età della morte dell’arte”. Secondo tale posizione, la tutela e valorizzazione del patrimonio materiale ed immateriale dovrebbe limitarsi alla sua digitalizzazione. Ecco, allora, scoccato il destino dell’arte nell’epoca della sua riproducibilità digitale: cambiare il medium da fisico a virtuale. Ma, seppur per motivi diversi, le due cose non stanno esattamente in questo modo o, almeno, non è questa l’essenza dell’arte e la sua funzione, efficace solo con adeguati investimenti nel patrimonio culturale del paese.

In primis, la vignetta raffigurata da Brett Ryder (foto in copertina), illustratore di fama dei principali quotidiani anglosassoni, a copertina del prorompente titolo “The Third Industrial Revolution” del settimanale The Economist (21-27 aprile 2012), rendeva plastica più di qualsiasi discettazione economica, medica, sociologica, ingegneristica la rivoluzione che di lì a pochi anni avrebbe investito la vita dell’intero pianeta. Visualizzando in anticipo il cambiamento, egli rappresenta un uomo, comodo nella sua abitazione, alla tastiera di un computer a forma di fabbrica che riesce, magicamente, a produrre diversi oggetti. Col il tè fumante sul tavolino, lo sguardo rassicurante del gatto sul tappetto e le pantofole ai piedi è, in anticipo di ben 8 anni, delineata la figura dello smart worker. Ed ancora più in anticipo – deve ancora avverarsi – è collocata sotto le luci del palcoscenico la stampante 3D. Il nuovo tipo umano è, invece, già metafisicamente impostato: dal cogito ergo sum di cartesiana memoria al digito ergo sum di Google. È forse di poco conto prefigurare il futuro? È forse inutile sapere come andrà il mondo per l’economia, la politica, la società? Come Leonardo con le sue macchine avveniristiche, anche Brett Ryder con l’arte è riuscito a sfondare il presente, risultando utile, in particolare, a quelle forze materialistiche che considerano l’arte un semplice hobby come una partita di calcio o l’aperitivo del sabato sera. Dunque, anche in tempi di pandemia, ridurre a ruolo secondario l’arte e gli investimenti nel settore della cultura è profondamente errato.

Alla seconda obiezione non si può non rispondere con tutto il portato della storia. In piena riforma luterana, l’artista Raffaello Sanzio e l’umanista Baldassarre Castiglione inviavano una lettera a papa Leone X (1519) di denuncia per lo stato cadaverico in cui versava Roma in quegli anni. Tra le righe di quella che è pienamente un manifesto metodologico di studio e conservazione delle rovine romane offerto al pontefice, emerge chiaramente il motivo che spinge i due ingegni a scomodare un così importante destinatario e mecenate. Il valore delle vestigia dell’antichità non risiede soltanto nelle passioni antiquarie fini a se stesse, ammantandosi di significato civile e morale: “quegli ingegni divini” del passato, infatti, “talor con la loro memoria eccitano alla virtù gli spiriti che oggidì sono tra noi”. La melodia che promana da quei ritmi perfetti, da quelle misure figlie di meccaniche divine è un inno al futuro, all’animo. Più delle sostanze stupefacenti – droghe e quant’altro – di cui fanno uso i giovani al mondo d’oggi per raggiungere l’effimero divertimento in poche ore, è l’arte che eccita l’animo, che lo spinge a creare nel bello ed a far riaffiorare la memoria. Investire nel patrimonio culturale, dotandolo di un’adeguata tutela e valorizzazione, è l’unico modo per migliorare la civiltà: solo la conoscenza penetra fra le diverse classi sociali e rende la società più equa e solidale. Senza affannarsi alla ricerca di una triste immortalità, è più semplice prendere coscienza che il paradiso artificiale è già sulla terra, opera di concerto tra l’umano e il divino. E sempre i nostri giovani, affannati in studi “matti e disperatissimi” non potrebbero amare il sapere se l’arte entrasse nelle loro vite? Francesco Petrarca non avrebbe alcun dubbio nel rispondere affermativamente: “le statue degli uomini illustri possono accendere i nobili animi all’emulazione”. La virtù di un uomo famoso, esempio per la comunità, può infiammare le menti del suo popolo con il suo monumento figurativo, monito di gesta e tempi collettivi. Del resto, con Ugo Foscolo, ancora “le urne dei forti il forte animo accendono”. Perché, però, avvenga questo, che il monumento e manufatto artistico venga riconosciuto nella sua doppia valenza retrospettiva e prospettiva, passata e futura, è necessario un presente che conosca la propria storia, che sappia conservarla, aggiornarla e valorizzarla. Per questo motivo sono necessari gli investimenti in cultura, per attuare i fini costituzionali di ricerca e sviluppo della medesima e della ricerca scientifica, di tutela del patrimonio storico ed artistico della Nazione (art 9) in vista del pieno sviluppo della persona umana (art 3).

Nel restauro di un dipinto, nel finanziamento di uno scavo archeologico, nella messa in sicurezza di un edificio architettonico, nella erogazione di fondi destinati ad un convegno piuttosto che a una mostra o una borsa di studio consiste la ‘realizzazione’ della costituzione italiana, possibile grazie al concerto di pubblico e privato, di quegli uomini che investendo nel patrimonio culturale della loro nazione illuminano le loro virtù e accendono gli altri animi all’emulazione.

Infine, una piccola parentesi sul ruolo che ha l’arte per il progetto europeo. Fallito il tentativo di avere una lingua comune diffondendo l’esperanto, l’Ue si ritrova con l’imbarazzo di adottare come sua lingua ufficiale l’inglese, dopo che, allo scadere del 2020, il Regno Unito ha sancito ufficialmente l’uscita dalla comunità europea. Quale linguaggio, se non quello non verbale proprio dell’arte, può costituire un robusto e radicato collante fra gli stati membri? Tiziano e Rubens, Michelangelo e Giambologna, Dürer e Mantegna, Ingres e Raffaello, Velázquez e Bernini: investire nell’arte italiana significa investire nel ruolo fondativo dell’arte per l’Europa e per il nuovo mondo sempre più imperniato sulla knowledge economy.

Dott. Alessandro Gatti

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