di Stefano Ragni – C’è anche qualcosa di drammatico nella ricorrenza del Natale. Se lo consideriamo, come è, la persistenza di un culto pagano, la celebrazione della festa del Dies Natalis Solis Invicti era un inno di trionfo alla luce che tornava a illuminare le tenebre.
Così dai tempi degli imperatori Eliogabalo e Aureliano.
Nella Bibbia, in Malachia (III, 20), analogamente, si parla della nascita del Messia come “nuovo sole di giustizia”.
Tra le tante cantilene legate al presepe e alle luci dell’albero, ce n’è una che esprime meglio di altre l’orgoglio e l’impegno di sentirsi cristiano nel giorno della Natività.
E l’ha scritta nel 1847 un maestro dell’opera, Adam, sulle parole di Placide Cappeau. Nella versione originale, ovviamente in francese, l’invocazione al “Roi de Rois” acquista i toni di un’esaltazione che rasenta la mistica guerriera e che rimanda alle profezie di Gioacchino da Fiore, a san Pier Damiani, ai Templari.
Indubbiamente un altro Natale.
Per ascoltare questo infiammato Noël abbiamo dovuto aspettare il primo bis dei due che ieri sera hanno concluso il bel concerto di Cantiones Sacrae inserito nella programmazione della Fondazione Federica e Brunello Cucinelli.
L’appuntamento, che chiude la serie di concerti vedeva un teatro piuttosto pieno e aveva una motivazione in più per essere apprezzato: lo spiegava Federica, con la sobrietà che in Fondazione è d’obbligo: si deve dotare un’ambulanza delle attrezzature pediatriche necessarie, e la generosità di tanti aiuta la causa.
Per arrivare al “Minuit chrètien” di Adam il percorso è stato lungo, ma il piano di bordo disposto dal direttore Ciofini era apprezzabile in ogni sua componente.
Prima la voce del coro, che è plastica, consolidata e sicura: il Te Deum di Haydn che apre i giochi è squillante come si deve e l’orchestra dalla Fondazione risponde più che bene al gesto del maestro.
Poi, ecco il regalo di natale, una Lucia Casagrande Raffi, creatura corvina avvolta in verde smeraldo, che canta con voce di soprano pertinente e ben impostata. Suo il vorticoso arabesco dell’Exultate Jubilate, pagina milanese del giovanissimo Mozart e sua anche la mielosa canzone di Gomez che forse poteva essere risparmiata per la sua genericità.
E visto che a Natale si deve essere dolciastri e pacificati, ecco la silloge di Carols arrangiati da M. Gatti. C’è di tutto dalla solenne invocazione dei nobili cavalieri inglesi della Rinascenza, alle campane, alla neve, alle renne, agli angioletti. In un paio di numeri Lucia torna a confortarci, mentre il coro si impegna a soddisfare l’esattezza e la precisione con cui Ciofini taglia il tempo e conduce la cavalcata senza sbavature.
C’è ancora spazio per un Magnificat di Schubert, ancora con un’aria di Lucia e l’Amen conclusivo di un coro sempre più galvanizzato. Il perché lo scopriremo al secondo bis. Il primo era il citato Adam, appena una canzone, ma capace di restituire, nella sua profondità, tutto lo spessore della discesa di Dio in terra. E questo è drammatico.
Saremmo stati soddisfatti così, ma un gruppetto di parenti continuava a battere le mani. E lo credo bene! Loro sapeva dell’Allelujah di Haendel programmato al quarantacinquesimo minuto. E lasciamola al Canticum Novum questa soddisfazione, perché l’applauso entusiastico del pubblico se lo sono proprio meritato.
E con loro un maestro come Fabio Ciofini, lineare, semplice, efficace.