Concerto di capodanno della Filarmonica Puletti di Ponte Felcino

Affollatissimo appuntamento di inizio anno alla Sala dei Notari di Perugia

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Concerto di capodanno della Filarmonica Puletti di Ponte Felcino

di Stefano Ragni – Mai come in questo piovoso pomeriggio di Capodanno la sinfonia del Barbiere di Siviglia ha suonato come un inno ai lavoratori italiani, a quelli che ce la mettono tutta per portare a casa uno stipendio decente, pagano le tasse, mandano i figli all’università e magari lasciano anche un piccolo spazio alla solidarietà.

Rossini, nato da condizioni umilissime, si era arricchito con l’ingegno, lo studio e l’applicazione e sapeva bene cosa vuol dire lavorare sodo: il suo Figaro del Barbiere è proprio il ritratto dell’uomo laborioso e inventivo, ossia dell’italiano di qualità.

Ha fatto bene Franco Radicchia a mettere in risalto la sinfonia del Barbiere in quello che è il primo concerto della città di Perugia, l’affollatissimo appuntamento di inizio anno ai Notari, trentatré presenze ininterrotte della Filarmonica Puletti di Pontefelcino.
E’ l’atto con cui la Perugia democratica e popolare apre il suo polmone al nuovo calendario: e ieri pomeriggio il rito laico si è riprodotto con le consuete modalità, arricchito dalla presenza del sindaco Romizi e impreziosito dalle presentazioni di Sandro Allegrini.

Se la sinfonia rossiniana è stata praticamente anche l’inaugurazione di quello che sarà il centocinquantesimo anniversario della scomparsa del grande pesarese, il brano di apertura del concerto era la piacevolissima Marcia Egizia con cui Johann Strauss nel 1872, esaltava, al pari di Verdi, l’apertura del canale di Suez. La Carmen-suite di Bizet ha chiuso la prima parte più propriamente accademica del programma.

Con la cornetta solista di Davide Zucchini si è aperta la seconda parte: in pedana i temi del film Il Postino, con la musica del compianto Bacalov.

Era invece il clarinetto di Cristiano Fiorucci ad assumersi il ruolo di solista in America di Hengel Gualdi. Ma la parte più attraente dell’appuntamento seguito da un pubblico col fiato sospeso, letteralmente affascinato dalla prestazione dei fiati di Pontefelcino, è stata la silloge di canzoni del mitico Quartetto Cetra.
Hanno segnato la vita degli italiani degli anni ’60 i quattro cantori del sabato sera, sottolineando una televisione che iniziava il suo sinuoso cammino nell’intimità delle case degli italiani dello sviluppo economico, offrendo, con saporiti arrangiamenti, una visione positiva della vita.
Elettrizzanti e riconoscibili i motivi esposti nell’adattamento di Marzi, ed esposti dalla direzione di Radicchia con convincente comunicatività: difficile, ancora oggi, a mode mutate, non apprezzare la freschezza di Pummarola Bo’, lo stridore dei ragli e dei grugniti della Vecchia Fattoria e la trepidante attesa del preludio del terzo atto 
della Traviata in quello che è ancora un classico dei Cetra: un Palco alla Scala. Mitografia di un paese ancora percorso dagli ultimi brividi del melodramma, prima di cadere nelle spire dei tenori canzonettisti.

In chiusura la leggenda del jazz, West Side Story di Bernstein. Capuleti e Montecchi a Manhattan, come ha detto Allegrini, un racconto del 1957 che ancora oggi ha i suoi ritmi trascinanti, con punte da capolavoro come Maria, I feel Pretty e il vorticoso “America”.

C’è ancora spazio per i fuori programma, il primo dei quali è il Va’ Pensiero verdiano: per la banda suona un po’ impoverito, perché la forza di questo immenso lamento è proprio il coro. Ci penserà per l’anno prossimo il presidente Raul Bonaca, diciassette anni di mandato efficace e propositivo.

Per chi temeva la Marcia Radetzky, snobistico battere di mani al ritmo di un cascame sonoro dell’Europa delle guerre imperiali, c’è invece una strofa dell’Inno del Piave, liturgia del sacrificio dei mille contadini italiani mandati a morire nel fango e nella neve. L’anno che inizia sarà anche quello che chiuderà la rievocazione della Grande Guerra, con ferite ancora aperte, piazze e strade dedicate a generali incompetenti e sanguinari e tanta parte di verità, quella dei “Santi maledetti”, che ancora reclama la sua giustizia.

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