La più vecchia di tutte, però, si trova nel convento di Santa Chiara: ha quasi 300 anni, e le suore la mostrano orgogliose, se qualcuno chiede di vederla. Siamo a Montefalco, patria di uno dei rossi più famosi del mondo. il Sagrantino di Montefalco, appunto, che ha dato il nome al percorso enogastronomico di questa zona. Qui i vitigni sono di casa. Crescono anche all’interno delle mura medievali, nei cortili e nei giardini abbarbicati uno sull’altro. Certo, di vino da queste parti se n’è sempre prodotto in abbondanza. Il Sagrantino veniva tenuto in serbo per le grandi occasioni. Era un passito che doveva servire a festeggiare le feste sacre per eccellenza, la Pasqua e il Natale (di qui il suo appellativo). Poi, una trentina di anni fa, un imprenditore della zona ha provato a vinificarlo a secco: è stato un successo, e il prodotto è approdato sui mercati internazionali. Adesso nella piazza della Repubblica, che si apre in cima all’antico borgo, le enoteche propongono degustazioni a cui è difficile sottrarsi. Anche perché ai bicchieri di Sagrantino vengono accompagnati piatti di zuppe ai legumi, pasta con i tartufi, bruschette.
Dopo avere deliziato il palato, si può infilare via Ringhiera Umbra (anche questa volta, il nome non è dato a caso) e scendere fino al belvedere appena fuori dalle antiche mura. Da qui si gode un panorama spettacolare sulla pianura e sulle colline intorno. A metà della via, è comunque d’obbligo una sosta nella ex chiesa di San Francesco, ora trasformata in museo. Qui si conserva tra l’altro il ciclo di affreschi, recentemente restaurati, con le Storie di San Francesco, realizzato da Benozzo Gozzoli nel 1452. Montefalco era un tempo rinomata per le sue lavorazioni tessili, che oggi vengono riproposte con gli stessi disegni e gli stessi colori di un tempo. Attività commerciali e suggestioni mistiche, peccati di gola e promesse di vita eterna: le due anime dell’Umbria si rincorrono e convivono pacificamente. E una non è meno reale e tangibile dell’altra. Uscite da un’enoteca, con l’aroma del Sagrantino ancora in bocca, e v’infilate in un oratorio. Magari nel santuario del Suffragio, di fianco al monastero delle Clarisse, dove le monache cantano per i fedeli in orari fissi durante la giornata. E dove una targa ricorda che tra i I settembre 1918 e il novembre 1919 un’anima dei Purgatorio si manifestò alla madre badessa per 28 volte. E ogni volta lasciò un’offerta, chiedendo in cambio preghiere e sacrifici. L perentoria, in Umbria, la fede. E nessuno si sogna di mettere in dubbio i miracoli. In fondo, anche la scoperta del Sagrantino fa un po’ parte della categoria: perché il vitigno fu portato per caso nella regione da alcuni frati francescani provenienti dall’Asia Minore. E ci vogliono almeno 30 mesi d’invecchiamento prima di poter gustare questo nettare color rubino, dai profumi di more di rovo.
Da Montefalco, puntando a sud, si raggiunge Castel Ritaldi, un altro paese ricco di storia (e un altro “miracolo”: nel nome del Sagrantino, i borghi “minori” registrano ogni anno un incremento del 50% nelle presenze turistiche). Nell’Xl secolo, vi governava un visconte che esercitava il potere su tutte le terre intorno. E basta che un contadino affondi l’aratro più in profondità, per trovare frammenti di anfore o suppellettili romane. Oltre al vino, qui si produce da sempre olio. Pochi chilometri, e si arriva a Giano dell’Umbria. Non perdetevi, poco fuori dal paese, l’abbazia di San Felice, un capolavoro dell’arte romanica, recentemente restaurato. Divisa in tre navate, ha la zona del presbiterio soprelevata a tre absidi. Un felicissimo esempio di scambio di influenze tra artisti umbri e lombardi. Da Giano, si prosegue poi per Gualdo Cattaneo. Il monumento più importante è la Rocca, una fortezza triangolare della quale rimane uno dei torrioni angolari, li paese merita una visita anche per il suo sistema di castelli: un itinerario che si snoda per oltre 50 chilometri, toccando ben nove antichi manieri.
Se in Umbria sono tanti i piccoli centri rimasti intatti, Bevagna è un caso a sé. Per dieci giorni all’anno, infatti, chi varca le mura della città si trova a vivere proprio come nel Medioevo. Succede alla fine di giugno, quando viene organizzato il Mercato delle Gaite (cioè dei quattro quartieri del paese). Agli angoli delle strade e negli androni vengono allestite le antiche botteghe degli artigiani: il ceraiolo, il cartaio, il canapaio, il fabbro, lo spadaio … Nelle piazze si montano i banchi di un mercato dove si vendono animali, fiori, cacio, funi, melarance, mantelli di seta. Nelle taverne si preparano piatti preparati secondo ricette d’epoca, e la gente del posto smessi jeans e t-shirt veste gli abiti del nobile e dell’artigiano, della castellana e del popolano, Ricostruiti secondo modelli originali. Ma anche negli altri periodi dell’anno Bevagna è una continua scoperta. Piazza Silvestri, con il palazzo dei Consoli e le due chiese di San Silvestro e San Michele, è una cartolina dal Medioevo. E nelle vie intorno si aprono piccoli negozi che vendono cesti e cappelli di paglia, vini e tartufi, legumi e dolcetti (uvettini, rustichelli, bozzetti.. un trionfo della pasticceria secca). Nel Museo cittadino il Crocifisso ligneo del Beato Domenico ammonisce a non dimenticare che questa è sempre terra di fede. Le profonde ferite sul costato sembrano pronte ad aprirsi all’improvviso, per rassicurare chi dubita. Accadde proprio così al Beato Domenico, frate di Bevagna. Assalito da dubbi sulla salvazione eterna, fu irrorato dal sangue di questo impressionante crocifisso del XIII secolo. Prima di lasciare il paese, date un’occhiata anche alle terme romane. Dell’antico edificio è rimasto un bellissimo pavimento a mosaico bianco e nero. Su cui sembrano nuotare le figure di tritoni, ippocampi, polipi, delfini e aragoste.
GASTRONOMIA
OLTRE IL BICCHIERE
Vino, ma non solo. Sulla strada del Sagrantino, si scoprono i sapori autentici dell’Umbria. L’olio, naturalmente, perfetto per le bruschette, le insalate, le zuppe di legumi. Ma anche il lardo, ingrediente base di molti piatti saporiti. Tra i legumi e i cereali, la parte del leone la fa il farro, principe delle minestre. La pasta, rigorosamente fatta in casa, prevede condimenti a base di tartufo e asparagi di bosco. Questa zona poi è, assieme a quella di Costano, il regno della porchetta. Anche se il maiale viene comunque gustato in tante diverse preparazioni. Altro pezzo forte il piccione, servito in salmì oppure utilizzato per cucinare elaborati condimenti. E per chi volesse provare qualcosa di diverso dal Sagrantino, non mancano altri vini di pregio: come il Grechetto dei Monti Martani e il Rosso di Montefalco