Con i rallentamenti nella mole di lavoro o la sua quasi assenza, la maggior parte dei cittadini, si trova o ha avuto difficoltà a far fronte alle spese mensili, tra cui l’affitto di casa o di un negozio e di conseguenza anche i proprietari hanno visto le loro entrate dimezzate, ecco le novità introdotte dallo Stato per far fronte al problema.
Le misure che sono state emanate per contenere l’epidemia da Covid-19 hanno avuto un forte impatto sugli incassi e di conseguenza sui redditi degli esercenti ed i liberi professionisti che in alcuni casi si sono trovati, addirittura temporaneamente a dover smettere di lavorare. Così si pone fortemente il tema del pagamento dei canoni di affitto per tutti coloro che per dispiegare la loro attività commerciale o professionale hanno bisogno di un locale e si devono rapportare con questa economia post covid-19 che vede un decremento dei consumi e della mole di lavoro in genere.
Il Governo e le Regioni hanno pertanto deciso di adottare prima delle misure emergenziali per affrontare il problema e successivamente una più organica per rilanciare l’economia. Un primo intervento si è avuto con il D.l. n.18/2020 che all’art 65 ha riconosciuto solamente per negozi e botteghe rientrarti negli ordini di chiusura previsti nel Dcpm di marzo scorso un credito d’imposta pari al 60% dell’ammontare del canone, tuttavia questo lasciava fuori una grossa parte della categoria dei lavoratori autonomi, cioè i liberi professionisti ma anche gli artigiani; invece ha portata più generale l’art. 91 che ha introdotto il nuovo comma 6-bis nell’art. 3 del DL n. 6/2020, che ha previsto ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti questo va sempre valutato nei procedimenti di sfratto per mancata corresponsione dei canoni di locazione e obbliga l’autorità giudiziaria a tener conto dell’impossibilità di adempiere al pagamento stesso a causa delle condizioni economiche legate alle chiusure obbligatorie ma tuttavia non esclude di per sé la responsabilità del debitore-conduttore il quale ometta il versamento del canone nel periodo emergenziale.
Come anticipato il Governo ha agito in maniera più sostanziale nel d.l. n. 34/2020 il cosiddetto decreto rilancio ed ha introdotto degli ulteriori benefici, cioè la possibilità di ottenere un credito d’imposta del 60% dell’ammontare mensile del canone da pagato nei mesi di marzo, aprile e maggio per un immobile ad uso non abitativo e parimenti il 30 % del canone d’affitto di azienda pagato negli stessi mesi interessati dalla chiusura stabilita dai Dpcm, tale misura è destinata alle categorie dei lavoratori autonomi ampiamente intesa al cui interno rientrano industriali, commercianti, liberi professionisti o artigiani e strutture alberghiere o anche enti di culto riconosciuti se il locale sarà destinato allo svolgimento di funzioni, per le restanti categorie invece l’immobile deve essere necessario allo svolgimento della loro attività. Le condizioni che regolano l’accesso a questo beneficio sono che questo non abbia un reddito superiore ai 5 mln di euro nel periodo d’imposta precedente a quello entrato in vigore e che i conduttori abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nel mese di aprile 2020 di almeno il 50% rispetto allo stesso mese del 2019.
Tale detrazioni inoltre è cedibile al locatore, a fronte di uno sconto pari al valore del canone mensile, o ad un istituto di credito o utilizzabile secondo una recente circolare dell’Agenzia delle Entrate per compensazione nell’ambito della dichiarazione dei redditi qualora l’utilizzatore del beneficio sia un libero professionista o esercente commerciale o di arte. Ciò nonostante queste misure possono risultare insufficienti e pertanto ci sono dei metodi ordinari, già previsti all’interno del codice civile, per risolvere anche stragiudizialmente delle questioni che possono sorgere in merito a ritardi nei pagamenti dei canoni.
Questi sono diversi qualora il conduttore ed il locatore non riescano a concordare una revisione delle condizioni contrattuali, il conduttore può avere la possibilità di sciogliere il contratto di locazione attraverso: il recesso per gravi motivi (art 27 legge n. 392/1978) o la proposizione di una domanda di risoluzione per impossibilità sopravvenuta o per onerosità sopravvenuta, secondo gli articoli 1256, 1463 e 1467.
Può, viceversa il locatore sempre secondo il citato art 1467, mantenere in piedi il contratto, con una autoriduzione del canone secondo un importo che segua il concetto di “equità”, anche il conduttore può mettere in atto delle azioni per diminuire il valore del canone, e non sono risolvere il contratto, possono essere secondo l’art 1464 del cc: una riduzione del canone proporzionata alla parte della controprestazione non utilizzata, cioè del periodo in cui non è stato possibile usufruire il locale affittato oppure in questo momento di emergenza eccezionale il conduttore potrebbe direttamente autoridursi l’importo del canone, sulla base dell’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c., eccezione che può essere attivata anche di fronte ad inadempimenti incolpevoli, come quelli che derivano da questo momento e che compartano uno squilibrio contrattuale nella pariteticità delle prestazioni.
Sempre in mancanza di accordi tra le parti in questa fase di emergenza è possibile rinegoziare il contratto pur in assenza di volontà reciproche, secondo la regola che nel caso di squilibri delle obbligazioni dovute a cause esterne si instaura un dovere di cooperazione tra le parti sulla rinegoziazione del contratto, il tutto secondo il principio di buona fede tra gli stessi. Di fronte all’emergenza sfratti che si prospetta, il solo Tribunale di Roma si è trovato a doverle rinviare al prossimo settembre considerato il gran numero, diventa ancora più forte il richiamo al dovere di cooperazione e buona fede tra locatore e conduttore che spesso il nostro codice civile fa, poiché al netto di tutte le intricate disposizioni normative e gli articoli del codice civile oggi non sono più contrapposti ma sono entrambi parte della stessa crisi che richiede forza ed unità per attraversarla.
Avv. Francesco Turchi
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