di Stefano Ragni – La bella notizia l’ha data ieri sera Leonardo Varasano, il presidente del Consiglio Comunale, alla metà del tradizionale concerto di inizio anno dell’AGiMus che si è tenuto al Morlacchi: «Il 2018 sarà l’anno dei luoghi della musica. Il teatro del Pavone infatti sta completando il suo maquillage e tornerà a splendere come quando era il luogo dove i nobili perugini, già dalla metà del ’700, si godevano l’opera. Ma non sarà da meno per il teatro dei borghesi, il civico del Verzaro, eretto a emulazione del primo e forse con ancor più impatto visivo. Sono necessarie molte migliorie e l’amministrazione comunale farà la sua parte, grazie anche alla munificenza del principe del cachemire, Brunello Cicinelli. In terza battuta l’annosa e laboriosa assunzione ad auditorium musicale del tempio di san Francesco sta movendo i suoi passi verso una soluzione finale».
Con queste preziose informazioni il concerto che Salvatore Silivestro, presidente nazionale dell’AGiMus realizza sotto l’egida del Comune di Perugia acquista, se possibile, ancor più valore.
Lo esige anche la qualità dell’orchestra che è la Sinfonica Nazionale del Kazakhstan, paese rampante nel quadro dell’economia mondiale, ma distante anni luce dalle tradizioni accademiche dell’Europa a lunga percorrenza culturale.
Un complesso singolare che vede agli archi solo donne, con l’eccezione dei tre contrabbassisti. I violoncelli sono solo tre, ma la massa dei violini è compatta e le giovani strumentiste, capelli corvini e carnagione d’alabastro, tirano l’arco con la prevedibile animosità che viene dall’antica scuola sovietica.
Ne guadagna il nitore timbrico, che è smagliante, e viene arricchito da una batteria di ottoni che suonano con vigore e con alto senso dell’intonazione.
Con questo materiale a disposizione Silivestro può solo felicitarsi di come sono state realizzate le letture di due pagine di elevato spessore evocativo, la Moldava di Smetana e il Baccanale dal “Sansone e Dalila” di Saint-Saëns. A proposito del poema sinfonico di Smetana, la Moldava-Vltava, non si potrà non ricordare come la melodia struggente che ne è la parte più affascinante venisse desunta dall’autore boemo da un canto svedese, “Am Värmeland”, che altro non era che l’adattamento baltico di una canzonetta della tarda Rinascenza italiana. Per l’esattezza mantovana. La si cantava alla corte gonzaghesca con la parole “Fuggi fuggi questa vita” e la musica era, con ogni probabilità di Simone ebreo. Se ne ricorderà Simone Cohen quando darà suono alle parole di Ha Tikva-La speranza, che è l’attuale inno dello stato di Israele.
Ma non sono mancati altri spunti di riflessone, come l’iniziale sinfonia dell’Italiana in Algeri, che è suonata come ingresso dell’AGiMus nelle celebrazioni del centocinquantenario rossiniano. Non poteva poi mancare l’autore forse più caro a Silivestro, il Verdi della Luisa Miller.
Quando il concerto si inoltra nel motivo paradigmatico del suo titolo, Vienna, Vienna!, appunto, ecco la sequenza dei ballabili della capitale asburgica. Apre Lehàr con Gold und Silver-Oro e argento, il valzer commissionato da una principessa dal nome fatale: Pauline von Metternich. Al suo apparire, nel 1902, la danza decretò il successo di quello che era, allora, solo il maestro della banda del 26esimo reggimento di fanteria
e oggi è un pezzo favorito dei concerti di capodanno.
La più cospicua parte della serata era dedicata alle musiche di Strauss, dal galop Banditen, al gran valzer “Rose de sud”, alla polka “Auf zum tanze” e alla marcia egiziana. Pezzi che precedono il brivido dell’intramontabile “Danubio Blu”, fascino a oltranza arricchito dallo spessore acustico di un’orchestra che ha saputo guadagnarsi l’attenzione e l’ammirazione del folto pubblico presente.