Il calcio è fatto di tante gioie, fuori e dentro il campo, ed anche di “dolori sportivi”, le sconfitte o i pareggi all’ultimo minuto, dolori che comunque svaniscono in una successiva partita. Ci sono però delle sofferenze umane e personali che non passano mai, si possono forse alleviare col tempo ma lasciano comunque un segno indelebile nei cuori dei famigliari e delle persone più vicine ad un uomo di calcio che muore.
Sto parlando di quel dolore che accompagna da sempre Sabrina Curi, la figlia del compianto Renato, che nel 1977, in una piovosa domenica di autunno, stramazzò a terra sul terreno di gioco durante la partita Perugia-Juventus. A quel tempo Sabrina aveva solamente 3 anni e del padre non ha nessun ricordo da vivo, le sono rimaste le foto e i video ai quali si aggrappa per sopportare quel vuoto.
Sabrina Curi conosce bene gli spasimi che ora accomunano la figlia e la compagna di Davide Astori, quasi per ironia della sorte, anche lei ha appreso della notizia quando si trovava a Monza con Pier Luigi Frosio, (compagno di squadra di suo padre), a volte il destino è beffardamente cinico.
Queste le sue precise parole riguardo la morte del Capitano della Fiorentina: «La famiglia di Davide – ha detto all’ANSA – è come se oggi sia stata crocifissa perché sentirà a vita la mancanza di un padre e di un compagno». «Quando papà morì – ha raccontato – avevo tre anni, uno in più della figlia di Astori. Di lui non ricordo praticamente nulla ma quel dolore non passa e bisogna solo cercare il modo di conviverci. La figlia di Astori potrà solo vederlo nelle immagini, sentire la sua voce registrata. Come me lo riconoscerà e lo cercherà in questi frammenti. Le cose alle quali ti aggrappi».