Multe e sanzioni durante la quarantena cosa fare ?
Inquadramento e natura delle sanzioni che sono state introdotte ed irrogate durante la Fase 1 e 2 della quarantena istituita per limitare i contagi da covid-19 attraverso i Dpcm emessi dal Governo Conte.
Le sanzioni fanno la loro comparsa all’interno del nostro ordinamento attraverso l’art 4/3 del D.l n. 19 del 25/03/2020 il cosiddetto decreto “Cura Italia”, la norma riprendeva il meccanismo di accertamento e irrogazione delle violazioni dalle modalità previste nella legge generale sugli illeciti amministrativi, assimilando anche le sanzioni emesse prima di quella data depenalizzandole, sino a quel momento chi era trovato a compiere spostamenti non autorizzati veniva perseguito secondo l’art 650 cp cioè inosservanza dei provvedimenti emessi per motivi di giustizia.
Pertanto queste sanzioni hanno iniziato a seguire lo stesso iter di quelle fatte per violazione del Codice della Strada divenendo definitive con l’irrogazione dell’ordinanzaingiunzione di pagamento del Prefetto, con la previsione di poterle pagare in maniera ridotta analogamente a quanto previsto dal codice della strada (art 202) sino ad un valore del 30% della sanzione se questa viene pagata entro 30 giorni, termine previsto per le multe che sono state comminate dopo il 31 maggio.
Tuttavia, anche se ad un primo sguardo sembrano uguali, le sanzioni per violazione della quarantena non sono assimilabili in tutto e per tutto alla disciplina delle multe ricevute per violazione del Cds, si differenziano in maniera sostanziale in merito all’esecutività delle stesse mentre le seconde diventano titolo esecutivo entro 60 giorno dalla notifica della contestazione se non viene proposto alcun ricorso innanzi alle Autorità amministrative e giudiziarie preposte ad accoglierlo, diversamente il verbale di accertamento della violazione delle restrizioni di movimento (violazione della quarantena) non diviene immediatamente esecutivo poiché non espressamente indicato nel già citato art 4 del decreto Cura Italia che le introduce.
La sanzione diviene pertanto definitiva e quindi dovrà essere eventualmente pagata solamente quando il Prefetto la commina con un ordinanza ingiuntiva e non già nella fase di mero accertamento effettuata dagli organi di Polizia del territorio come la Municipale o la Polizia stessa quando questi rilevano la violazione attraverso la redazione di un verbale di accertamento.
Tra le due fasi sarà, già, possibile esporre le proprie ragioni difensive, prima di un eventuale ricorso davanti alle autorità giudiziarie in questo caso competente è Giudice di Pace, poiché è previsto un diritto al contraddittorio prima della formazione dell’ordinanza prefettizia.
Questo diritto alla difesa prevede la possibilità sia di depositare sia scritti difensivi sia la produzione di documentazione che anche la possibilità di farsi ascoltare direttamente dal Prefetto attraverso la richiesta di una audizione personale, ciò entro 30 giorno dalla notifica del verbale di accertamento della violazione.
Quali interpretazioni sono state seguite nel valutare i 4 motivi che consentivano uno spostamento durante il lockdown che tra tutte le versioni dell’autodichiarazione sono sempre grossomodo rimasti gli stessi cioè: “comprovate esigenze lavorative”, “assoluta emergenza” e “situazione di necessità”, ed i “motivi di salute” che tra l’altro variavano nella loro efficacia a seconda che lo spostamento fosse nello stesso comune o in comuni limitrofi.
Il Ministero dell’Interno stesso ha cercato attraverso la pubblicazione di Faq nel proprio sito web istituzionale di chiarire almeno la parte che riguardasse le comprovate esigenze lavorative dandogli una interpretazione restrittiva secondo quello che era l’animo del decreto che nei fatti per questioni di sicurezza sanitaria e della salute dei cittadini ha operato una forte contrazione del diritto al movimento all’interno della repubblica sancito dalla nostra costituzione.
Tuttavia i tentativi di uniformità che il Governo ha provato a porre attraverso le Faq dei ministeri dell’Interno e della Salute non hanno arginato per nulla l’evidente caos che ha investito sia autorità preposte al controllo che di conseguenza i cittadini, molto spesso si è oscillato da casi in cui erano messi in atto aspri controlli ad esempio sanzioni fatte per andare a visitare il padre morente o il famoso caso mediatico del medico che andava a prendere il giornale alla fine del suo turno ed è stato multato, altre volte invece sono state tollerate anche passeggiate in città purché fossero mantenute le distanze di sicurezza.
Questo è stato possibile spesso per direttive in contrasto tra Ministero degli Interni e valutazione degli enti territoriali come Regioni o Comuni, esempio lampante il caso che ha riguardato il compimento di attività sportive all’aperto come il jogging con la regione Veneto che lo ha permesso appieno abolendo anche la distanza di 200 m ed il resto d’Italia che invece prevedeva una disciplina molto più restrittiva.
Pertanto se alcune fattispecie vietate, contenute dell’art. 1 del decreto Cura Italia, sono sufficientemente chiare (come il divieto per i soggetti positivi al virus di violare la quarantena) lo stesso non si può dire per altre che hanno ad oggetto la limitazione di spostamenti individuali, all’interno delle quali rientrano anche i famosi 4 motivi che permettono gli spostamenti, si tratta della casistica maggiore e questo ci rappresenta in maniera pratica il caos che ha portato con sé l’applicazione di questo decreto, infatti alla fine della fase 2 le multe elevate sono state quasi 450mila per andare a comporre un alto gettito per lo Stato considerando che anteriormente al 26 marzo era previsto il pagamento per un valore di 200 euro mentre successivamente variava dai 400 ai 3mila euro.
Aspetto, poi peculiare nei pagamenti sono le dilazioni che si sono create attraverso le sospensioni del saldo delle multe inserito dal Governo nei vari Dcpm e poi Decreti “contro covid-19” succedutosi nel tempo, portiamo l’esempio di un eventuale verbale che accertava la sanzione il 12 marzo scorso ma questo per via della sospensione fino al 15 maggio prevista all’art. 103 del decreto Cura Italia, potrà essere contestata presso il Prefetto fino al 15 giugno.
Permane comunque la difficoltà di individuare un perimetro certo per le azioni sanzionabili o meno e per tracciare il discrimine tra spostamento consentito e sicuro e quello che poteva portare ad una possibile diffusione del virus sono sempre stati valutati su criteri estremamente generici, visto che spesso gli stessi epidemiologi hanno avuto difficoltà ad isolare con precisione quali fossero i veicoli di propagazione del virus se non dire che potenzialmente ogni spostamento poteva comportare un contagio, ad esempio come valutare una persona che aveva necessità di acquistare un determinato prodotto che poteva trovare solo in botteghe fuori dal proprio comune oppure portare a spasso il cane oltre il perimetro della propria abitazione era sanzionabile ?
Di fatto è impossibile valutare una risposta precisa dato che è stato rimesso alla discrezionalità del pubblico ufficiale valutare quali fossero i parametri maggiormente oggettivi per accertare l’esistenza o meno di una violazione delle misure restrittive, confidando soprattutto sul comportamento corretto degli agenti stessi e non sulla chiarezza del dettato normativo cosa che lasciato aperta la porta anche a possibili atti autoritativi o addirittura di abuso di potere di questi facilitati dalla fumosità della norma da applicare.
Perciò spesso ci possiamo trovare difronte a dei fondati motivi di contestazione, favoriti dalla genericità delle prescrizioni e dalla loro attuazione avvenuta a singhiozzo su tutto il territorio, oppure dall’interpretazione delle motivazioni che garantivano la possibilità di spostamento creando i presupposti per un forte contenzioso.
Questa, insieme all’introduzione delle sospensioni per il pagamento sopra dette in palese contrasto con il concetto di urgenza e prevenzione ragione per cui sono nate le sanzioni, è, se ce ne fosse bisogno, un ulteriore dimostrazione della difficoltà incontrata dal legislatore a giustificare la limitazione degli spostamenti dei cittadini all’interno del paese così da salvaguardare l’incolumità pubblica evitando possibili contagi però in palese contrasto oltre che con il citato principio costituzionale della libertà di movimento sul suolo nazionale anche con quello più generale di autonomia e determinazione della persona.
La questione in sé ha fatto sorgere dubbi a vari giuristi in ordine anche agli strumenti legislativi inadatti a decidere su limitazioni tanto gravi, essendo state in un primo momento emesse attraverso un Dpcm e non votate in maniera organica dal parlamento, contribuendo a creare il caos che ha lasciato sia gli operatori di giustizia che i cittadini davanti a grosse incertezze nel momento dell’applicazione prima e i Giudici ora al momento di decidere i vari ricorsi.
Avv. Francesco Turchi
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