L’incidenza dei danni provocati dalla fauna selvatica è in continuo aumento e questo si riscontra in numerosi incidenti stradali non solo limitati a zone montane e in danni subiti da aziende agricole come la distruzione di numerosi raccolti o frutteti. L’aumento nel tempo di questi danni è dovuto dal crescente numero di cinghiali, favorito da diverse campagne di ripopolamento avvenute nei primi anni 2000, e dalla presenza dell’uomo nell’habitat di animali predatori come il lupo costringendolo a cercare cibo sempre più a valle, questi fattori hanno fatto sì che la presenza di animali selvatici sia sempre più a ridosso delle zone urbane o di aziende agricole con i conseguenti disagi che le comunità si trovano a vivere. Le regioni per far fronte a questi problemi hanno previsto un fondo apposito di indennizzo, così ha fatto anche la regione Umbria dal 2016, ma spesso si rileva inadeguato a risarcire a pieno tutti i danni subito dall’agricoltore o dall’utente della strada a seguito di incidente o di qualunque danno in genere provocato dagli animali selvatici. La disciplina degli indennizzi non è la medesima su tutto il territorio nazionale essendo questa una materia di competenza regionale come, poi, sancito nella riforma costituzionale del 2001.
Tuttavia questa era una prassi consolidata sin dal 1992 anno in cui lo Stato attraverso la legge n. 157 stabiliva che la gestione e la responsabilità delle politiche ambientali ed in particolare di flora e fauna era in capo alla Regione. Questo si riflette anche nei vari Tribunali di merito e Giudici di Pace, sedi destinate a ricevere i ricorsi per risarcimento danni dei vari cittadini, laddove le loro pronunce sono influenzate a seconda del tenore delle leggi regionali. Generalmente l’indirizzo preso negli ultimi anni dalla giurisprudenza dei Tribunali è quella di risarcire i danni alla stregua dell’art 2043 del cc, e pertanto onerare la parte ricorrente della dimostrazione della prova: sia del nesso causale tra comportamento dell’animale e del danno sia l’individuazione di un comportamento colposo ascrivibile alla pubblica amministrazione.
Riguardo alla legittimazione passiva del ricorso, dopo alterne fasi, si indica la regione in virtù dei poteri, che gli sono stati direttamente conferiti dallo Stato, come detto, nella gestione della fauna e nulla rilevano anche eventuali funzioni proprie assegnate alle provincie, non essendo queste in grado di redigere piani organizzativi e politiche di indirizzo. Sulla definizione di colpa ascrivibile alla Regione, la giurisprudenza fa riferimento alle azioni non intraprese dalla pubblica amministrazione a seguito di leggi emanate o l’assenza di interventi normativi, che altrimenti avrebbero potuto limitare la causazione dei danni. Quindi la regione si rende responsabile dei danni provocati attraverso la l’omissione di comportamenti doverosi che viceversa sarebbero serviti per limitare danni provocati dalla fauna selvaggia come ad esempio piani venatori o interventi di caccia selezionati per abbattere la proliferazione di cinghiali o tutti quegli interventi che la pubblica amministrazione è in dovere di emettere. Recentemente il Tribunale civile di Taranto ha innovato l’orientamento della legittimità passiva, dove era prevista alternativamente la possibilità di richiedere il risarcimento o alla Regione o residualmente dalla Provincia, riconoscendo per la prima volta la responsabilità solidale a carico di entrambe per i danni subiti da un azienda agricola a seguito di uno sconfinamento di cinghiali al suo interno.
Inoltre nella stessa pronuncia si ravvisa un ulteriore novità poiché il Giudice non ha considerato i danni subiti da animali selvatici come derivanti da rischio di impresa dell’azienda ma come un danno ingiusto che va risarcito. Viene pertanto superato il più diffuso concetto di indennizzo a favore dell’imprenditore, nel caso specifico danneggiato dalla mancata predisposizione di un piano di contenimento e controllo dei cinghiali, secondo un principio che prevede la piena applicazione dell’art 2043 del cc. In più nella stessa pronuncia è stato confermato un orientamento consolidato, in cui non è rilevabile un concorso di colpa della società poiché questa non ha recintato tutti i suoi terreni. Per tale ragione il risarcimento derivato dal citato art 2043 del cc, il quale obbliga chiunque abbia commesso un fatto doloso o colposo a risarcirlo per il suo valore integrale, è stato erogato nella sua interezza. Indubbiamente i danni più ingenti causati dalla fauna selvatica rimangono quelli subiti dalle aziende agricole e questo problema oltre che investire un profilo giudiziario viene affrontato anche attraverso scelte amministrative che se adeguate, possono evitare di ricorrere forzatamente al Tribunale ed affrontare un contenzioso, queste si devono preoccupare di sostenere gli imprenditori con politiche lungimiranti e non limitate al ripristino dei danni subiti.
La regione Umbria a seguito di un incontro con gli operatori del settore e la Confagricoltura, ha previsto una serie di interventi che hanno ad oggetto sia il benessere degli animali da allevamento, che rischiano di contrarre malattie da quelli selvatici come la peste suina, sia la limitazione della proliferazione incontrollata di cinghiali ed il loro transito in prossimità delle strade o dei centri abitati. A tal fine quindi la regione Umbria sta mettendo a punto un nuovo piano di gestione della fauna selvatica volto ad incrementare gli abbattimenti e non solo.
Avv. Francesco Turchi (francesco.turchi@aol.com)