Sabato 24 marzo la Galleria Nazionale dell’Umbria renderà omaggio a Fabrizio De Andre, realizzando un evento inedito tutto dedicato al cantautore genovese. Splendida cornice la Sala maggiore del museo che ospiterà la cover band Amico Fragile, di Alessandro Acciaro, voce e chitarra e Simone Benella alla chitarra che proporranno in versione acustica il concept album del 1970, La Buona Novella.
Così, Il sogno di Maria, Tre Madri, il Testamento di Tito, le canzoni che narrano la vicenda di Gesù rivivranno in un luogo insolito, che diventerà occasione di incontro tra linguaggi diversi, una sorta di contaminazione tra i dipinti religiosi della sala e la musica e le parole dell’anarchico Faber.
Il principe Libero, film in omaggio a Fabrizio De Andre è già stato un grande successo al cinema. Nel gennaio scorso ha incassato oltre 750 mila euro per poi approdare a febbraio nel piccolo schermo raccogliendo un altro straordinario consenso.
Fabrizio De Andre , il film
Il biopic di Luca Facchini è diventato un’ opportunità per ricordare il cantautore scomparso l’11 febbraio 1999 a soli 59 anni, la voce di Dio di Fernanda Pivano che: non doveva andarsene, è stato il più grande poeta che abbiamo mai avuto.
Interpretato da Luca Marinelli, 33 anni appena compiuti, uno dei più promettenti attori italiani, oltre ad aver vinto il David di Donatello per il miglior attore non protagonista per Lo chiamavano Jeeg Robot e una filmografia di tutto rispetto, ha recitato solo per citarne alcuni in: Tutti i santi giorni per Virzì, ne La Grande Bellezza per Sorrentino, dopo la magistrale interpretazione di Paolo ne Il Padre di Italia per Fabio Mollo nel 2017 interpreta il ruolo di Fabrizio de Andrè, sfida non facile, perché per chi lo amato Faber resta inimitabile.
Scena iniziale del biopic, la sera del 27 agosto 1979, se è uno scherzo è uno scherzo lungo, quando il cantautore e la compagna Dori Ghezzi furono rapiti dall’anonima sequestri sarda e liberati quattro mesi dopo, al versamento del riscatto, e scelta vincente del regista Luca Facchini, poiché il clamore mediatico successivo al sequestro fece conoscere Faber all’Italia intera.
Il regista mette in risalto la personalità del giovane Faber, con l’intento di farlo conoscere ad un pubblico giovane. Film in perfetto equilibrio tra malinconia e ironia. La storia si concentra prevalentemente sull’amicizia del cantautore con Paolo Villaggio, il legame con Luigi Tenco, interpretati da Gianluca Gobbi e Matteo Martari, e i rapporti con le donne della sua vita la prima moglie Puny e il grande amore Dori Ghezzi, rispettivamente Valentina Bellè e Elena Radonicich, e l’eterno conflitto di Faber con il padre Giuseppe, che lo vorrebbe avvocato come il fratello Mauro, o almeno avviarlo allo studio del violino, che dirà di odiare. Sei tu che pensi che io non sia all’altezza. Faber sceglierà un altro strumento ad accompagnare i suoi versi, la chitarra. E’ bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra. Anche se vero strumento vibrante tra le dita di Faber era la penna, e la chitarra un accessorio.
Penna presente in quasi ogni scena e scambi a volte esilaranti tra Paolo Villaggio, al quale dobbiamo l’appellativo Faber al cantautore (non a caso l’azienda più famosa in produzione di matite e penne), l’amico che avrebbe voluto dire all’amico fragile scomparso: Guarda che ho avuto invidia per la prima volta di un funerale.
Luca Marinelli non commette l’errore di imitare Faber, ma ne dà una sua rappresentazione, e se in alcune scene, soprattutto quelle in musica la somiglianza fa rabbrividire, il ciuffo che copre l’occhio sinistro, l’onnipresente sigaretta e la bottiglia di whisky, in altre ne dà una sua interpretazione, l’occhio disinvolto e l’accento romano differiscono dallo sguardo malinconico e spesso annebbiato dall’ alcool e dall’accento genovese dell’artista.
Magistrali le scene che descrivono il legame con Luigi Tenco, la commozione per il suicidio del gennaio 1967, che ispirò la preghiera in gennaio, nella quale chiederà a Dio un posto in Paradiso per i suicidi.
Altro aspetto colto alla perfezione dal regista è la diversità dei rapporti con le donne, la prima moglie Puny e il grande amore Dori, che scelse e continuò a scegliere fino all’ultimo giorno della sua vita. E la scelta non è prerogativa dell’uomo in quanto tale, ma lo è del poeta, che non riesce a prescinderne.
Capii di aver trovato la persona che poteva condividere le mie vette senza inorridire dei miei abissi, verso in cui è racchiuso il mistero dell’amore. Figure femminili differenti e contrapposte. Puni che cerca di cambiarlo, nel tentativo fallimentare di far crescere l’eterno adolescente in lui e Dori che comprende, nell’accettazione totale dell’uomo che ama e che li porterà ad una condivisione volta a salvare l’anima, in contatto con la natura e la gente sarda. Descrivere la vita straordinaria di Faber non è facile, ma Luca Facchini riesce a trovare la giusta dimensione, narrando la direzione ostinata e contraria di Faber, le fragilità umane di figlio e padre imperfetto, la ribellione agli schemi, la contraddizione insita nell’esibizione alla Bussola di Sergio Bernardini per un anarchico che non ha mai superato la ritrosia al palcoscenico, la predilezione per gli emarginati gli esclusi e le prostitute da la canzone di Marinella resa celebre dall’interpretazione di Mina del 1967 a Bocca di Rosa.
Il rapporto con Fernanda Pivano resta solo sullo sfondo, la sigla di Dietro il processo programma sulla morte di Pasolini, Una storia sbagliata, è mancante, un altro che non doveva morire, come disse Faber in un’intervista del 1999.
La Galleria Nazionale dell’Umbria propone un’altra straordinaria opportunità, quella di far rivivere le parole e le musiche del cantautore in sinergia con lo scenario del Museo. Impossibile mancare.
Info: gradita prenotazione email
gan-umb.servizieducativi@beniculturali.it
Tel 0758668407-0755866811
Ingresso al Museo € 8 intero € 4 ridotto