L’Umbria è famigerata zona di tartufi da quello di Norcia, allo scorzone (tartufo nero estivo) fino a quello più pregiato e costoso ovvero il tartufo bianco, questo tubero oltre a dare squisitezza a diversi piatti ha anche una valenza per la salute.
Come spiega meglio un articolo di una rivista specializzata come www.melaorssa.it
L’articolo integrale
Profumato, gustoso, prezioso come un diamante: è il tartufo, uno dei tuberi più amati al mondo. Coloro che lo mangiano pensano sicuramente alla qualità e alla complessità del suo sapore e del suo aroma, ma spesso non pensano alle proprietà nutritive che questo alimento offre. Ecco tutto quello che ti serve sapere sul tartufo: proprietà, benefici, controindicazioni e usi in cucina.
La carta d’identità di un tubero prezioso
Oro bianco, diamante nero, ogni appellativo che al tartufo è stato dato suggerisce il suo pregio e la sua rarità. Ma che cos’è il tartufo? Tecnicamente, è un fungo ipogeo, ovvero sotterraneo: appartiene al genere Tuber. Fa parte della famiglia delle Tuberaceae, che a sua volta è una suddivisione della classe degli Ascomiceti.
Inoltre, con il nome di tartufi del deserto vengono ricomprese anche le terfezie, genere della famiglia Terfeziaceae: alimenti endemici di aree desertiche e semi-desertiche dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, dove sono molto apprezzati.
È conosciuto fin da tempi molti remoti: lo usavano già sia i babilonesi che i romani. È apprezzato in estremo oriente da migliaia di anni e anche nell’America precolombiana.
Com’è fatto
I tartufi crescono spontaneamente nel terreno, accanto alle radici di alcuni alberi o arbusti, in particolare querce e lecci, con i quali stabiliscono un rapporto simbiotico: ha un corpo carnoso, detto “gleba”, rivestito da una corteccia protettiva chiamata “peridio”, liscia o rugosa a seconda della specie e dell’ambiente di crescita, che si ricopre di spore brunastre. La parte interna, invece, è carnosa, con un colore che varia dal marroncino al grigiastro, al bianco, al marrone scuro e può essere percorsa da venature.
Con le radici delle piante accanto a cui crescono, i tartufi instaurano un rapporto in cui i due organismi collaborano nel proprio sviluppo, traendone reciproco beneficio: la muffa produce le spore che si riproducono e si aggrovigliano alle radici delle piante da cui riceve le sostanze organiche necessarie alla propria vita, formando il corpo fruttifero del tartufo (la parte commestibile).
Benefici del tartufo
Il tartufo ha una serie di effetti benefici che puoi massimizzare conoscendo a fondo le sue caratteristiche. Quello che salta subito all’occhio è la sua grande carica proteica: per questo viene anche chiamato “carne vegetale”. In particolare i tartufi ti garantiscono:
- 6 grammi di proteine: molto importanti per chi segue una dieta vegetariana, benché non contengano tutti gli amminoacidi essenziali, come invece succede con quelle di origine animale.
- 8,40 g di fibre. Queste aiutano a regolarizzare la funzionalità del tratto intestinale e ti regalano un senso maggiore di sazietà.
- un’elevata quantità di sali minerali: la sua collocazione, infatti, fa sì che il fungo li assorba direttamente dal terreno. In particolare, sono ricchi di potassio, che regola il funzionamento delle cellule, del ritmo cardiaco, della funzionalità nervosa e del tono muscolare. Ma contengono anche elevate quantità di calcio, che aiuta la salute delle ossa e dei denti, e di fosforo, importante per la memoria e per la produzione di energia.
- un buon livello di antiossidanti. Grazie a questi, il tartufo contribuisce a bloccare i radicali liberi e ad allontanare l’invecchiamento precoce.
- ha proprietà elasticizzanti. È in grado di stimolare la produzione di collagene e favorire la digestione.
- contiene pochi grassi, per cui è indicato per chi segue una dieta ipocalorica.
Fin dall’antichità venivano attribuite al tartufo particolari virtù afrodisiache: questa leggendaria proprietà sembra essere confermata da recenti studi scientifici che hanno individuato tra le componenti del tartufo una discreta quantità di feromoni, sostanza affine al testosterone.
Un recente studio ha scoperto come il tartufo abbia eccellenti proprietà schiarenti grazie alla sua interazione con la melanina: è utile in caso di macchie cutanee dovute da accumuli di melanina, mentre è sconsigliato durante l’abbronzatura.
La raccolta in natura
L’Italia è il Paese che offre la maggior parte del tartufo consumato nel mondo, in particolare i pregiati, sia bianchi che neri. La raccolta dei tartufi in natura non ha un periodo preciso, ma varia molto a seconda della specie: alcune tipologie si raccolgono fra settembre e novembre, altre arrivano fino ad aprile.
Per la ricerca dei tartufi si impiegano cani che vengono addestrati per anni a sentirne il profumo: questo perché il tartufo, giungendo a maturazione, per propagarsi sfrutta proprio l’olfatto degli animali. Sviluppa un tipico odore intenso e penetrante che attira alcuni di essi che ne vanno ghiotti come i cani, i maiali, i cinghiali, le volpi, i tassi, i ghiri, i ricci. Questi, scavando per cibarsene, provvedono a diffonderne le sue spore e quindi ne permettono la riproduzione.
Allo stato spontaneo un albero boschivo può produrre una media tra i 5 e i 9 etti di tartufo. Solo in casi eccezionali si possono trovare superiori quantitativi di tartufi o dalle dimensioni molto grosse. Fa notizia quando viene trovato un tartufo che supera il chilogrammo.
La coltivazione dei tartufi
I tartufi crescono spontaneamente accanto ad alcuni alberi, ma possono anche essere coltivati. In Italia la tartuficoltura è una realtà imprenditoriale significativa, che nel corso degli anni ha raggiunto concreti risultati economici e produttivi. Ma è un investimento che richiede attese lunghe (anche 10-15 anni) e valutazioni accuratissime sulla predisposizione dell’area in cui impiantare una “tartufaia”: solo così si possono evitare errori e rischiose iniziative produttive scarsamente remunerative.
La ragione della complessità consiste proprio nella particolarità del meccanismo di sviluppo del tartufo: si devono verificare le giuste condizioni per ottenere il rapporto di simbiosi tra i due organismi viventi e le ideali situazioni ambientali.
Tartufi, le tipologie più diffuse
Le specie di funghi ipogei classificati come Tuber sono quasi un centinaio, alcune lievemente tossiche o di odore nauseabondo, e quindi non adatte al consumo. Non esistono specie molto tossiche o velenose. Sono solo 9 le specie considerate commestibili e 6 sono quelle più comunemente commercializzate. Ecco, quindi, le varietà più importanti e qualche indicazione per individuarle e riconoscerne la qualità.
Tartufo bianco pregiato o Magnatum Pico
Ha un profumo unico, piacevolmente aromatico. Presenta una forma irregolare a formare piccoli globi con numerose depressioni sulla scorza. La superficie esterna al tatto appare piuttosto liscia, quasi vellutata ma molto compatta. Il colore varia dal giallo crema all’ocra pallido. L’interno (la gleba) è bianco e giallo-grigiastro con una moltitudine di piccole venature bianche. Con la maturazione si possono rilevare piccole macchie rosse sparse.
Il bianco pregiato è anche chiamato Tartufo d’Alba o tartufo del Piemonte, perché è tipico della zona. È in assoluto il più pregiato commercialmente. Il tartufo bianco, ha un rapporto simbiotico con tigli, querce, salici e pioppi. Necessita di un terreno soffice e umido, ricco di calcio, con una buona circolazione di aria e prolifera in condizioni climatiche favorevoli. Si raccoglie solitamente da settembre a dicembre.