“Me, Myself & Boh: la rivoluzione gentile di Maria Francesca Bene”

Conversazione semiseria con l’autrice: tra ego, cronaca nera, femminicidi, libri che curano (senza promettere miracoli) e risate terapeutiche a cura di Linda Gasparrini

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Me, Myself & Boh
La collana Me, Myself & Boh di Maria Francesca Bene

Cosa succede quando una giornalista si stanca di raccontare la cronaca e inizia a raccontare l’anima?
Ne nasce Me, Myself & Boh!: una collana semiseria, profondamente umana, che parla di autosabotaggi, ego affamati, amori storti e desideri autentici.
Ne parliamo con l’autrice, Maria Francesca Bene.

Linda: Maria Francesca – o preferisci Francesca, come ti chiamano tutti? Partiamo subito col botto. Cosa ti ha spinta a scrivere Me, Myself & Boh!? Illuminazione mistica, delusione sentimentale o crisi da supermercato il lunedì mattina?

  1. Francesca Bene:Francesca va benissimo, è che un libro è una cosa seria, quindi ho messo il nome completo. Anche per far contenta la mamma.

Cosa mi ha spinto a scrivere? Un po’ tutto, a dire il vero. Diciamo che a un certo punto ho smesso di cercare l’approvazione e ho cominciato a scrivere quello che avrei voluto leggere io quando ero incasinata e nessuno mi spiegava le cose senza farmi sentire deficiente. Il titolo è nato mentre cercavo di capire chi ero, ma con l’umiltà di ammettere: “Me, Myself & Boh”… perché certe risposte arrivano solo dopo che hai sbattuto la testa sulle domande almeno ventisette volte.

Linda: La collana è diventata una piccola rivoluzione gentile. Possiamo ripassare insieme i titoli, per chi ancora non ti ha scoperta?

Francesca: Certo, li elenco in ordine… ma l’ordine è solo una formalità, perché ogni libro è un punto di partenza o di arrivo, a seconda del casino interiore.

  1. Scusa se non mi somiglio – Per chi ha smesso di sembrare perfetto e vuole ricominciare da sé.
  2. Autosabotaggio creativo – Per chi rovina tutto con grande stile, ma vorrebbe smettere.
  3. Scusa se ti amo (ma anche basta) – Per gli specialisti dell’amore catastrofico con rimpianto annesso.
  4. Ti presento la mia parte scomoda – Per chi ha fatto amicizia con l’ombra (o ci sta provando).
  5. Non tutti i cretini sono narcisisti – Per chi ha smesso di diagnosticare gli altri e ha iniziato a guardarsi dentro.
  6. Ho l’autostima fragile, ma l’ego con la pistola – Guida semiseria per chi alterna deliri di onnipotenza a crisi esistenziali e comincia a sospettare che equilibrio non sia una parolaccia.

E la collana è ancora aperta, perché — diciamolo — Dio vede e provvede, ma io annoto e scrivo.

Linda: La domanda che tutti vogliono farti ma nessuno ha il coraggio di porre: scrivi così perché sei guarita o perché sei ancora incasinata?

Francesca: Scrivo così per non peggiorare. Ma soprattutto perché mi diverto da morire a farlo. Rido da sola, ed è ultraterapeutico. E anche perché non credo nella guarigione come stato definitivo. Credo in una versione più umana: guarire abbastanza da non rovinarmi la vita ogni lunedì. E magari ridere delle mie ferite mentre ci lavoro sopra. Chi scrive per salvarsi la pelle, a volte salva anche qualcun altro senza saperlo.

Linda: I tuoi libri parlano molto di relazioni, fragilità, ego e ombre. Ma chi è davvero Maria Francesca Bene, quando non scrive?

Francesca: Sono una persona che ha smesso di voler piacere a tutti, ma ancora si commuove quando qualcuno si riconosce in una pagina che ho scritto. Ho un ego affamato e un’autostima che ogni tanto va in ferie senza avvisare. Non so meditare, ma so stare zitta quando serve. E sì, ho fatto un patto con le mie imperfezioni: io non le nascondo, e loro smettono di sabotarmi… beh, quasi.

Linda: Qui in Umbria sei conosciuta per altri tipi di scritti. Per molti anni hai seguito la cronaca nera e giudiziaria per la carta stampata. Insomma, uno stile un po’ diverso da quello di questi manuali.

Francesca: Forse proprio perché ho visto da vicino la sofferenza, ad un certo punto ho sentito il bisogno di guardare la vita da un’altra prospettiva. O forse di raccontarla con un linguaggio diverso. Oggi in Umbria — e in particolare nella mia città, Terni — piangiamo l’omicidio di una ragazza che sorrideva alla vita, Ilaria Sula, uccisa dall’ex fidanzato. E purtroppo la sua e quella della sua famiglia non è una tragedia isolata. La stampa parla di femminicidi, ma il messaggio non passa. Forse perché si continua ad usare il canovaccio del Lupo e di Cappuccetto Rosso. Dietro alla violenza sulle donne invece c’è molto di più. C’è un vuoto emozionale e — lasciamelo dire — spirituale, che è una voragine. Un buco nero che inghiotte tutti, vittime e carnefici.

Linda: Giustificando gli assassini?

Francesca: No. Ma cerco di capire. Perché solo comprendendo si può fare qualcosa. Io non sono madre, ma ho cresciuto — in parte — due adolescenti che adesso sono giovani donne, le figlie del mio compagno. E poi ci sono le figlie delle mie amiche, loro coetanee. Vedo che queste ragazze spesso hanno perso la capacità di vedere il male e di difendersi. È come se vivessero su un altro pianeta — più virtuale che reale. Ma nella vita vera le cose vanno diversamente. Un game over è un game over. Non ti dà la possibilità di giocare altre partite.

Linda: E quindi?

Francesca: Dietro questo distacco dalla realtà — e lo dico da donna di 50 anni, non da professionista — credo ci sia la sottovalutazione di tutte le problematiche di cui parlo nella collana Me, Myself & Boh!. Visto che il bombardamento mediatico sui femminicidi non riesce a far passare il messaggio, magari degli scritti semplici, ironici, leggeri ma non superficiali possono servire. Chissà.

Linda: Ma non eri una giornalista? Ora sei un’esperta di vita?

Francesca: Sono ancora giornalista. E sono anche counselor. Ma non amo le etichette. Quelle vanno bene sulle scatolette del supermercato. Io cerco solo di capire, di ascoltare, di raccontare quello che so e che ho vissuto. Con onestà, e a volte con un po’ di sarcasmo terapeutico.

Linda: E oltre a Me, Myself & Boh!, hai scritto anche altro, giusto?

Francesca: Sì, ho scritto Bill e i suoi Fratelli, un libro per chi vuole conoscere la storia e lo spirito dei 12 Passi, quelli dei gruppi di auto-mutuo aiuto per uscire dalle dipendenze patologiche. E curo la collana Oltre la dipendenza – Manuali per familiari, che parla alle persone che stanno accanto a chi soffre di una dipendenza. Perché anche chi resta vicino ha bisogno di strumenti, parole e respiro.

Linda: Cosa possiamo aspettarci dai prossimi volumi?

Francesca: Più verità, meno zucchero. Più ironia, meno guru.

Linda: Un messaggio finale per chi sta leggendo questa intervista con un nodo in gola e un sorriso a metà?

Francesca: Smettete di voler diventare qualcuno. Siate chi siete, ma smettete di chiedere scusa se non vi somigliate più. Vi ci vorrà tempo, ma si comincia sempre da una verità detta con onestà… o da una risata che pizzica al punto giusto.

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