The Post è un film semplicemente straordinario. Coinvolge lo spettatore fin da subito. Scorre adrenalina pura per tutta la durata della proiezione. Un’esperienza di visione che non ti permette di distrarti un solo istante. Thriller esplosivo che non appena finito avresti voglia di rivedere. Un inno alla passione pura per la stampa libera dei giornalisti, quelli veri. Una fotografia che coglie l’impulso insopprimibile nello svelare i segreti della Casa Bianca. Un tributo alla storia, che non può essere narrata come menzogna.
Cast d’eccezione, dove si respira Hollywood. Diretto da Steven Spielberg, regista americano la cui carriera leggendaria fa la storia del cinema. Interpretato da due mostri sacri del calibro di Meryl Streep, attrice che ha ottenuto il record in candidature agli oscar e Tom Hanks, tra i vari successi due oscar consecutivi.
La pellicola racconta la storia vera, durante gli anni Settanta, di Kay Graham(Meryl Streep) e Ben Bradle (Tom Hanks) l’editrice e il direttore di The Washington Post, e il loro coraggio nel pubblicare i “Pentagon Papers”, sfidando ben quattro presidenti americani e di Daniel Ellsberg(Matthew Rhys) l’uomo del Pentagono che sottrae alla Casa Bianca, giorno dopo giorno, il top secret valutando la Guerra in Vietnam un rischio per la democrazia.
Il primo quotidiano a svelare il dossier fu The New York Times, poi impedito nella pubblicazione per ingiunzione della corte suprema, e che The post sceglie di rilanciare. Kay Graham diventò figura leggendaria nel mondo del giornalismo, tra i vari premi ottenne un Pulitzer. Ereditò the Post dopo la morte del padre e il suicidio del marito. Una straordinaria Meryl Streep interpreta una Kay all’inizio inadeguata al ruolo che occupa, in un mondo di soli uomini, e che poi si trasforma acquistando risolutezza e autonomia decisionale. Kay diventò icona nel mondo del giornalismo, sia per la scelta operata nel contrapporre la verità al potere, sia dell’emancipazione femminile che il regista coglie, dal primo all’ultimo fotogramma con estrema sensibilità.
Solo un genio come Spielberg può trasformare un film di denuncia senza mai scadere nella retorica. Dalla scena d’apertura sulla guerra del Vietnam, rendendo la complessità della vicenda comprensibile anche ad un bambino, all’ultima fotogramma, una guerra vinta dalla stampa.
Si assapora il profumo di una redazione vera, di quelle predigitali, con le macchine da scrivere, i telefoni fissi, le cabine telefoniche dalle quali Ben Bagdikan, uno straordinario Bob Odenrkirk insegue Daniel Ellsberg per recuperare le copie dei Pentagon Papers. Le corse tra le strade di Washington a reperire documenti che vedi sparsi ovunque, l’urgenza di pubblicare entro mezzanotte, prima che il quotidiano vada in stampa, il dilemma di Kay e Ben nel valutare quanto la fuga di notizie possa scatenare l’inferno: “Potremmo finire tutti in prigione” mettendo a rischio la sopravvivenza del quotidiano e del loro mestiere. Sfida vinta nella scelta di non perpetuare l’inganno, pur nella consapevolezza che Nixon possa portarli in tribunale. Pur temendo un disastro diplomatico, concordano che stampa e politica non possono andare a braccetto, anche se temono di essere “giustiziati all’alba” decideranno, e una voce femminile lo esprimerà da un megafono con voce rotta dall’emozione “la stampa serve ai governati e non ai governanti”.
E così i giovani americani sapranno di essere stati mandati a morire in una guerra che non hanno scelto. Scena sublime la manifestazione, piena di volti femminili contro una retorica che continua a ritenere la stampa libera un rischio per la sicurezza del Paese, e non del potere.
The Post è dichiarazione d’amore per la verità assoluta, mentre ascolti la vera voce di Nixon registrata, inferocito con la stampa imperterrita nello svelare i suoi crimini. Pellicola imperdibile, si respira l’emozione di una giustizia sociale possibile, e nell’era di Trump, delle fake news e del giornalismo mercenario, sembra un sogno realizzabile.
Resta aperta la guerra tra stampa e politica, e poiché l’iniziativa del Post scatenerà il successivo scandalo Watergate che costerà le dimissioni al Presidente Nixon, sappiamo che sarà vinta dalla stampa, e la gioia della vittoria si respira.
Dirà Spielberg in un’intervista: «Sento che la libertà di stampa è di nuovo sotto attacco, siamo tornati indietro al 1971, e forse la situazione oggi è ancora peggiore». Oggi, più che mai è un film profondamente attuale, e necessario a conoscere la storia, e riconoscere la forza catartica della verità.
Cristiana Dominici