Teatro di Sacco: Venerdì 23 novembre, alle ore 21.00 in Sala Cutu, il debutto della nuova produzione di Teatro di Sacco IO NON HO PACE, per la drammaturgia poetica di Barbara Bracci. (Info & Prenotazioni 320.6236109) Il progetto teatrale è nato dalla rielaborazione della grafic novel Io so’ Carmela. Io so’ Carmela è un fumetto edito da BeccoGiallo, casa editrice italiana specializzata nella produzione di libri a fumetti di impegno civile, scritto nel 2013 da Alessia di Giovanni e illustrata da Monica Barengo.
La grafic novel racconta la storia terribile di Carmela Cirella Frassanito, che appena tredicenne, il 15 aprile 2007, si suicidò a Taranto, lanciandosi dal balcone dopo essere stata violentata da cinque uomini nel giro di due giorni, fra il 9 e l’11 novembre 2006.
Un progetto di Teatro che vuole raccontare
« con una drammaturgia poetica ma allo stesso tempo dura il male ».
L’interazione tra i due attori in scena, Roberto Biselli e Dacia D’Acunto, insieme alle parole e immagini delle autrici, un racconto senza morbosità voyeristica e speculazione emotiva, come forse solo due donne avrebbero potuto scrivere, trasporteranno lo spettatore in una storia di dolore, di violenza, di pregiudizio.
E poiché nessuno è immune dal male, agito o subito, raccontarlo « poeticamente e duramente è necessario, per attraversarlo e tentare di liberarcene» , soprattutto in occasione della ricorrenza della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre 2018.
La novel è stata rielaborata in motion graphics per essere videoproiettata da Leonardo Giuli con il sound design Francesco Federici e la voce di Francesca Lisetto.
Il progetto del Teatro di Sacco è dedicato a Carmela, e a tutte le donne che, come lei ancora
«non hanno pace»
o hanno perso la vita, complici l’indifferenza e il silenzio.
Narrazione differente, non un progetto di teatro civile ma un tentativo per riflettere su come l’arte possa interagire con il male, la violenza, il danno.
Una rielaborazione del dolore necessaria a ricordare che Carmela è stata vittima delle negligenze dei media, dei servizi sociali, dei tribunali.
L’indifferenza ovvero «il peso morto della storia» continua a mietere ancora vittime, recentemente si è consumato lo scempio di Desirèe Mariottini, la sedicenne di Cisterna Latina stuprata e trovata morta nel quartiere di San Lorenzo a Roma.
Il tribunale del riesame ha già derubricato l’accusa di violenza sessuale di gruppo in abuso sessuale aggravato.
Gli stupratori di Carmela non sono stati adeguatamente puniti e della tragica storia si sono perse quasi del tutto tracce e memoria.
Omertà e pregiudizio sono state le uniche risposte alla brutalità della vicenda che ha coinvolto suo malgrado, un infanzia violata e negata.
L’infanzia violata di Carmela Cirella
Carmela, suicida a soli tredici anni, nella sua breve vita non è stata ne creduta ne difesa, in tutti i luoghi che dovrebbero proteggere e ricostruire la complessità dell’adolescenza, che al contrario è stata vilipesa e irrimediabilmente ferita.
L’avvocato di uno degli stupratori la definisce in aula una «prostituta», pregiudizio squisitamente maschilista.
Tesi difensiva fantasiosa basata sul codice d’onore mafioso, il suo assistito, nella sua qualità di figlio di un boss, non poteva averla violentata. E Carmela era vergine.
L’opinione pubblica si è occupata raramente della vicenda.
Le luci della ribalta in quegli anni erano puntate sull’omicidio da Sarah Scazzi, il delitto di Avetrana in realtà era per lo più una vicenda privata, familiare, e non comprometteva le ordinarie omissioni delle istituzioni tutte.
Anzi attirava fortemente il voyerismo morboso dei media.
Il calvario di Carmela inizia nel novembre 2006, quando denuncia alla polizia di essere stata molestata da Alfredo C. ufficiale della marina in servizio a Taranto.
Denuncia archiviata poiché definita «confusionaria».
Carmela viveva nella periferia tarantino con la famiglia, ovvero la mamma, due fratellini e il patrigno Alfonso Frassanito (che si è spento a Taranto nel 2015 dopo aver combattuto sino all’ultimo dei suoi giorni per ottenere verità giustizia per la figliastra).
Contesto degradato della provincia tarantina, dannatamente simile al quartiere di San Lorenzo a Roma dove si è consumato lo scempio di Desirèe Mariottini, la sedicenne
« fragile e ribelle»
che nella notte tra l’otto e il nove ottobre scorso è stata stuprata e trovata morta.
Anche Carmela era ribelle, proprio come Desirèe, ma il suo è stato uno scempio ignorato, esempio di come ancora l’attenzione non sia sufficientemente puntata sulla condizione femminile.
Carmela, adolescente ribelle, dopo essere scappata da casa per un violento litigio con i genitori, fra il 9 e l’11 novembre 2006 verrà violentata da Emanuele C., all’epoca dei fatti minorenne, da Massimo Carnevale, 46enne tossicodipendente e pregiudicato.
Il giorno dopo, altri tre abusi, Cristian M. 17 anni all’epoca, suo presunto fidanzatino, Filippo Landro e Salvatore Costanzo, di 27 e 26 anni, giostrai senza fissa dimora.
Carmela dopo essere stata rintracciata dalla sua famiglia denuncia le violenze e fa i nomi dei suoi cinque stupratori.
Il risultato è che viene parzialmente creduta, tolta dalla famiglia senza consenso genitoriale e dai servizi sociali affidata ad un istituto per minori disagiati, il centro Aurora di Lecce (mai indagati per i loro comportamenti riabilitativi nei confronti della ragazzina), dove «a causa di comportamenti asociali» le vengono somministrati psicofarmaci senza il consenso dei genitori.
Dopo molte richieste pressanti e insistenti del padre e a indagini pressoché ferme, a febbraio 2007 il Tribunale dei Minori la trasferisce in un altro centro, il Sipario di Gravina.
Gli operatori sospendono la cura di psicofarmaci la cui inadeguatezza viene confermata dai neuropsichiatri dell’ospedale dove successivamente viene portata per un malore Carmela.
Tornata finalmente a casa, il danno subito e l’ingiustizia di non essere stata creduta, dentro di lei sono diventati un dolore e un senso di vuoto irreversibili, non permettendole di trovare pace.
Così un giorno apparentemente normale, il 14 aprile 2017, si getta dal settimo piano e della sua abitazione e muore suicida.
Il diario di Carmela
«E’ bello quando ti dicono che sei bella. Ti senti di essere qualcosa. Invece non sei niente».
La grafic novel edita da Becco Giallo, è basata sul diario di Carmela ritrovato in un cestino dopo la sua morte, ed è stato realizzato in collaborazione con l’associazione omonima fondata dal padre. Alberto Frassanito dichiarò in un intervista:
«È arrivato il momento di rompere il silenzio e raccontare come è stata gestita la vicenda di nostra figlia, di come le istituzioni l’hanno trattata prima e dopo la sua morte. Sperando che serva a smuovere le coscienze di chi resta inerme di fronte a queste ingiustizie, indegne di un paese che continua a definirsi democratico e civile».
Il diario i libri e i quaderni di Carmela erano disseminati dalla dichiarazione: «Io so’ Carmela», frase amuleto che usava spessissimo e con significati diversi, per farsi coraggio, quando si sentiva sola, in quel delicato percorso dall’ infanzia all’adolescenza.
La morte di Frassanito, secondo il movimento femminista di Taranto, è strettamente legata alla sofferenza subita durante i lunghi processi, pugnalate di sentenze vergognose.
La prima udienza verso i due minorenni all’epoca dei fatti si è conclusa con il perdono degli stupratori che hanno accusato Carmela di essere consenziente, ovvero, non era loro la colpa.
Altra beffa denunciata da Alfonso Frassanito, in quegli anni al Tribunale di Taranto le luci dei riflettori erano puntate sul delitto di Avetrana.
Ahimé, un affare di famiglia crea audience, una storia di ordinaria omissione delle istituzioni tutte è troppo scomoda per essere raccontata, e non la merita.
Il caso Cucchi docet, senza la proiezione del film Sulla mia pelle e grazie alla «direzione ostinata e contraria» di Ilaria Cucchi, nessuno ricorderebbe un ragazzo ammazzato di botte da «due guardie bigotte» (parafrasando Faber). Altra storia sbagliata di pregiudizio e omertà,di assoluta negligenza, consumata sulla nostra pelle.
Il male, la violenza, il danno, possiamo liberarcene attraverso la pratica dell’arte?
La produzione teatrale IO NON HO PACE trasporterà gli spettatori in una storia di dolore, violenza, pregiudizio, omertà, sensi di colpa.
E’ perciò opportunità di riscatto per lo scempio compiuto sulla pelle di Carmela e della sua famiglia.
Il linguaggio dei media troppo spesso condito di divisioni etniche spettacolarizza la violenza e crea una spirale di odio che alimenta un loop distruttivo che esclude l’evoluzione, e genera solo competizioni sterili e tensioni inutili.
Carmela amava cantare, e ha tentato di liberarsi del danno subito attraverso la voce, ma non le è stato permesso. E’ morta gridando per l’ultima volta Io so’ Carmela.
E forse è possibile attraversare il male e liberarcene, solo attraversandolo, in modo che le storie tragiche di Carmela o di Desirée non si ripetano, o non avremo mai pace. Il superamento del dolore tramite la pratica dell’ arte esclude la speculazione emotiva, è riflessione e presa di coscienza.
«Con l’intento finale di estrapolare il male, di liberarlo in un un potente e leggerissimo canto».