“Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza”
“Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”, il verso 119 del canto XXVI dell’Inferno di Dante, il Canto di Ulisse, è la terzina più nota e più citata della Divina Commedia.
L’appassionato appello di Ulisse, l’eroe dell’Odissea, rivolto ai suoi compagni per continuare il viaggio oltre le colonne d’Ercole è rimasto nella memoria collettiva.
Forse perché la Divina Commedia si insegna alle scuole medie?
In epoca di declino culturale è possibile restare umani e non correre il rischio di vivere come bruti, pur non essendo prigionieri ad Auschwitz, ma vivendo nel Paese con la costituzione più bella del mondo, e purtroppo, o per scelta diabolica, materia estromessa dall’insegnamento?
Sicuramente è necessario tutelarci. E’ possibile preservare la memoria, attraverso la conoscenza delle straordinarie forme artistiche che stiamo trascurando e averne cura?
Scrive Andrea Porcheddu, all’indomani della crisi di governo dello scorso agosto:“Tra le tante, inutili, parole dette, tra i tanti atteggiamenti ridicoli, fanfaroni, machisti, ottusi, nelle trattative in atto, nessuno ha pensato a pronunciare – mi pare – la parola “cultura”. Né arte, né teatro, né danza, né musica… Niente“.
Parafrasando George Orwell, il grande fratello ci guarda. “L’ ignoranza è la forza”, e occorre impegnarsi, siamo in pieno 1984, e purtroppo non è fantascienza.
Primo Levi, nel romanzo Se questo è un uomo, racconta lucidamente l’esperienza devastante da deportato nel lager nazista richiamando l’inferno o dantesco. Nel capitolo, intitolato non a caso il canto di Ulisse, la memoria gli restituisce misteriosamente la famosa terzina, che cerca di spiegare ad un prigioniero di lingua francese, preservando la sua umanità e quella degli altri prigionieri attraverso la poesia.
E’ ancora possibile restituire dignità alle le straordinarie forme artistiche che restano il nostro patrimonio culturale, umano, che stiamo trascurando e averne cura?
Per esempio, che vita sarebbe senza il teatro?
L’arte che più di ogni altra riesce a rappresentare in un unità di tempo, spazio e luogo le più diverse arti performative e umiliata dai tagli alla cultura? E nutrirsi di letteratura, arte, danza, la musica?
Todi Festival 2019
Nel cuore verde dell’Umbria, in una delle più belle città di Italia, si è chiusa la XXXIII edizione del Todi Festival.
Un contenitore in perfetto equilibrio tra fruibilità, popolarità e innovazione, comprensibile ad un pubblico variegato, sia agli spettatori professionisti, sia a chi magari vuole liberarsi dal meccanismo perverso del piccolo schermo, del grande fratello purtroppo non di Orwell, e dall’ infinità di variabili con il medesimo format, e assaporare altre opportunità di conoscenza.
Una kermesse da incorniciare
La manifestazione, ideata e fondata da Silvano Spada nel 1987, è stata affidata al patron di Eurochocolate Eugenio Guarducci. Negli ultimi quattro anni il direttore artistico ha scelto di mantenere la cifra stilistica di Silvano Spada, caratterizzata da sperimentazione e innovazione, e rafforzarla: “In attività di impresa culturale, con scelte sicuramente artistiche ma anche di carattere comunicativo”. La logica, squisitamente manageriale e necessaria, è far tornare i conti.
La bellissima edizione 2019, in programma dal 24 Agosto al 1 Settembre scorso è stata un enorme successo.
Grazie alla partecipazione al Workshop di scrittura critica condotto da Andrea Pocosgnich, in collaborazione con Teatro di Sacco abbiamo avuto la splendida opportunità di seguire tutti gli spettacoli al Teatro Comunale di Todi ogni sera alle 21,00 e i sette spettacoli al Teatro Nido dell’Aquila alle ore 19,00 della rassegna Todi off, Futuro Anteriore, nata dall’intuizione del direttore artistico Roberto Biselli, giunta alla terza edizione, eccezionale opportunità per un festival, e straordinario successo, ogni spettacolo un sold out.
In un unico contenitore gli spettatori hanno avuto la possibilità di partecipare gratuitamente ai sette spettacoli orientati al Teatro di ricerca ai quali dedicheremo le prossime puntate, alle masterclass, ai laboratori e i numerosi eventi collaterali proposti dalla doppia anima del Festival, On e Off.
Una serie di momenti speciali, emozioni, conversazioni con gli artisti che racconteremo in pillole, in attesa dell’apertura delle stagioni teatrali in Umbria, perché se una kermesse è da incorniciare, va raccontata, ricordata, fotografata.
Todi On
Al Teatro comunale sabato 31 agosto, il più grande attore teatrale italiano Roberto Herlitzka, classe 1937, in occasione del centenario della nascita di Primo Levi porta i scena testi tratti da “L’ultimo Natale da guerra” il “Il canto di Ulisse”.
E se “l’olocausto è una pagina del libro dell’umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria”, l’ultimo appuntamento della kermesse dedicata al teatro, restituisce dignità all’uomo, e perché no, speranza, grazie alla preziosa interpretazione del grande attore.
Cala il sipario domenica 2 settembre con un appuntamento musicale, l’attesissimo concerto in esclusiva regionale di Simone Cristicchi “Abbi cura di me Tour”. Il cantautore, autore e attore, tornato sul palco dell’ Ariston dopo sei anni con il brano omonimo al tour, non si aspettava l’incredibile successo della sua canzone.
Non è salito sul podio, e neanche lo avrebbe immaginato, dichiarando: “Non sono il favorito, sono fuori gara, vengo dal Teatro“. Simone Cristicchi è dal 2017 il direttore artistico del Teatro Stabile d’Abruzzo.
Eppure la sua canzone resterà tra le più belle della 69esima edizione del Festival di Sanremo. Ha ottenuto il premio intitolato a Sergio Endrigo per la miglior interpretazione e quello dedicato a Giancarlo Bigazzi per la composizione musicale. Momento indimenticabile, emozionante, quello in cui il cantautore coinvolge il pubblico del Todi Festival con la canzone “Io che ho avuto mille cose” di Sergio Endrigo. E lancia un monito, una preghiera, la necessità di aver cura della bellezza.
I numeri di Todi festival
L’ edizione 2019, in programma dal 24 agosto al 1 settembre ha riscosso un enorme successo, i numeri hanno dato ragione alle scelte artistiche dell’Agenzia Sedicieventi.
Il sindaco di Todi, Antonino Ruggiano, ha dichiarato alla conferenza stampa di consuntivo:“Raramente mi è successo di dirmi contento di una manifestazione come per questa edizione del Festival”, ringraziando il Direttore Artistico di Todi Festival Eugenio Guarducci e il Direttore Generale Daniela De Paolis, per il suo “impatto importante sulla città”.
L’esordio, sabato 24 agosto è dedicato allo spettacolo “Via” di Simone Savogin, poeta “slammer” alla sua prima esperienza di attore teatrale.
La “partenza in salita” è stata la scelta dal direttore artistico Eugenio Guarducci, che durante una piacevole conversazione nel suggestivo spazio del Teatro Nido dell’Aquila, luogo della rassegna Todi off, ha affermato di voler: “Dribblare le attese, e dare voce e protagonismo a chi non ha ancora la maturità completa del suo percorso artistico, poiché è questa la funzione di un festival che vuole esprimere innovazione e coraggio”.
La kermesse ha dedicato due serate dedicate alla musica, “Bastasse il Cielo tour” del cantautore e autore Pacifico, l’atteso tour “Abbi cura di me” di Simone Cristicchi,uno spettacolo dedicato alla danza, con le quattro coreografie “Les Petites Histories de…”, per la direzione artistica Emilio Calcagno.
Il reading teatrale di Roberto Herlitzka, e tre serate dedicate alla prosa.
Per la regia di Ferdinando Ceriani, con Galatea Ranzi e Martina Galletta “Lezioni da Sarah”, rielaborazione drammaturgica di Pino Tierno del libro “L’arte del Teatro” dell’ icona del teatro Sarah Bernhardt, interpretata da Galatea Ranzi e Martina Valletta nel ruolo dell’ aspirante attrice.
Per la regia del toscano Angelo Savelli, con Ciro Masella e Samule Picchi “Tebas Land” di Sergio Blanco. Lo spettacolo porta in scena la prima produzione italiana del drammaturgo franco uruguaiano Sergio Blanco, ancora sconosciuto in Italia. Una riflessione sul parricidio e il mito di Edipo.
Per la regia di Eugenio Allegri, in scena “Mistero Buffo” di Dario Fo, omaggio per i 50 anni dalla prima versione del capolavoro del premio nobel. Sfida accettata e vinta da uno strepitoso Matthias Martelli, che unisce lo splendore dell’umiltà a un talento indiscutibile. Le giullarate popolari sono state riproposte attraverso un interpretazione personale dell’attore, affrontando con immenso coraggio il rischio di imitare l’interpretazione di Dario Fo.